giovedì 2 luglio 2015

Molinella, 1909.





Molinella, Maggio 1909.

Le mani affondate nelle tasche del pastrano sdrucito, lo sguardo verso il cielo freddo dell'alba. La cima monca del campanile gli fece ricordare di quando, due mesi prima, lassù, piccoli, i pompieri di Bologna picchiavano le mazze contro le pareti ostinate della cella campanaria.
“Bella roba ha fatto, il tuo sindaco. Buttare giù mezzo campanile, e pensa che la croce che c'era in cima l'hanno gettata tra i ferri vecchi. Per fortuna un'anima pia l'ha recuperata di notte e l'ha lasciata davanti alla porta della canonica.”
Bepi si girò e vide la fronte aggrottata del suo amico. “Serve per stare più sicuri, Bruno. Non vedi come è storto quel campanile? Va a finire che viene giù, come quello di Venezia. E poi hai sentito che disastro è successo a Messina? Se viene un terremoto, quel coso ci salta in testa.”
“Terremoto un corno. Il Massarenti ce l'ha con i Cristiani, te lo sai. Il nostro povero parroco non può neanche celebrare un funerale, che ogni volta che arriva al camposanto, il custode lo tiene fuori, e deve chiamare i Carabinieri per farsi aprire.”
“Solo d'estate, per evitare che si diffondano le epidemie. Il sindaco ci tiene alla salute di tutti.”
“Allora dovrebbe pensare alla pellagra, che ci sono più di cento malati a Molinella, invece che spendere dei soldi per abbassare il campanile. Vado via che se no mi va il sangue alla testa. Che Dio ti assista.”
“Dio non esiste.”
“Che Dio ti perdoni!”
Povero ingenuo Bruno, ancora crede nella favola della religione. A Massarenti non interessa nulla delle campane del parroco, né delle preghiere che recita per i morti; il fatto è che non si limita a quello: le Unioni Professionali cattoliche continuano a schierasi dalla parte degli agrari per ostacolare le Leghe. I preti e i proprietari terrieri fanno muro attorno ai propri privilegi e si mostrano tremendamente sordi ed egoisti verso le giuste attese delle masse proletarie diseredate. Ciò che accade in cielo è per noi un mistero, mentre la terra che ci dà da mangiare, quella la conosciamo bene. Noi socialisti siamo anche Cristiani, perchè vogliamo aiutare chi soffre, chi è più debole, chi più ha bisogno. Ma siamo soprattutto socialisti perchè vogliamo eliminare la sofferenza, la povertà e l'ingiustizia sociale.
“Bepi! Ti sei incantato a guardare il campanile? Vieni dentro che ti offro un bicchiere di vino.”
L'uomo si scosse dai suoi pensieri e si avviò verso l'ingresso dell'osteria.
“Ci vuole proprio un bicchierino, fa freschino qua fuori.”
Angelo era l'oste, nonché Assessore della Giunta Comunale. Se offriva da bere, era perchè voleva chiedere un favore.
“Dì un po', Bepi: che aria tira?”
“Pesante. I braccianti della Cooperativa Agricola vogliono il resto dei loro salari. Ne avete pagati solo la metà e promesso di saldare il resto a conclusione dell'anno agricolo, ma l'anno è già finito da un pezzo. Dimmi la verità, ce li avete i soldi?”
“No. Ma devi aiutarmi a tenerli tranquilli, so che ti danno retta. Adesso dobbiamo stare uniti, stiamo diventando sempre più forti. Ci sono rimasti solo 4 o 5 nababbi ostinati e irragionevoli che non vogliono accettare la tariffa delle Leghe. Mettiti in giro e cerca di parlare con i braccianti. Dì loro che le merci che hanno preso a credito dalla Cooperativa di Consumo non dovranno pagarle. Dì loro che Massarenti sta trattando con Luzzatti e con Giolitti e che la situazione sarà risolta a giorni.”
“Giolitti? Ma è vero?”
“Sì. Ci sta dando una mano anche il Senatore La Torre. La cosa andrà a buon fine. Ti dico di più: tra qualche mese ci sarà molto più lavoro. Il Governo manderà dei soldi per fare i lavori di bonifica. A febbraio scorso hanno istituito un consorzio per alzare l'argine di Reno e quello dell'Idice. L'ingegnere del Genio Civile sta già lavorando al progetto. Ci sarà bisogno di molti altri scarriolanti. Devi dire anche questo: che si iscrivano tutti all'elenco dei poveri.”
“Finiremo per diventare la Repubblica degli Accattoni. Siamo già più di 7.000 persone in quell'elenco.”
“E Massarenti farà in modo che tutti abbiate un sussidio, checchè ne dica la Giunta Provinciale. È il socialismo: nessuno di voi sarà lasciato da solo.”
“C'è anche il problema della pellagra.”
“Apriremo delle locande sanitarie per curarla. Non subito, in luglio probabilmente. Prima dobbiamo sistemare gli ultimi dettagli per la costruzione della nuova scuola a Marmorta.”
“Prima la scuola e poi la pellagra? Siamo sicuri?”
“Massarenti dice così. Che senza istruzione non ci può essere emancipazione del proletariato. Solo chi è istruito può valutare cosa e come fare, come e dove andare. Una classe che aspira governare le istituzioni deve essere culturalmente preparata, non si sostituisce una classe sociale con un'altra culturalmente e socialmente inferiore. E noi vogliamo governarlo meglio dei padroni questo paese, vero Bepi? Per questo costruire scuole è per noi la cosa più importante. Saremo accattoni, ma mai più analfabeti.”
Si spalancò la porta dell'osteria per far entrare un ragazzino ansimante.
“Hai corso un po' troppo, cinno. Sembri più stanco di Dorando Petri.”
“Signor Bepi, mi hanno mandato dalla risaia. Vostra moglie è in travaglio.”



Sebben che siamo donne / paura non abbiamo
per amor dei nostri figli / in lega ci mettiamo.
A oilì oilì oilà / e la lega crescerà
e noialtri lavoratori / vogliam la libertà.

Cantavano curve, piantate nel fango, le mondine di Molinella. Bepi correva tra le terre allagate, la sua gioia di padre, la sua ansia di marito, e malediceva il mondo. Che società era mai quella, che costringeva le donne incinte a lavorare 9, 10 ore ogni giorno, fino all'ultimo, fino a farle partorire in una risaia? Che le forzava ad abbandonare i figli, lasciati a razzolare per tutto il giorno davanti a casa. Casa! Si possono chiamare così quelle stamberghe in cui regnano le muffe? Vere e proprie topaie alle quali non ci si può avvicinare senza un moto di ribrezzo, tuguri senza finestre e senza pavimento, per metà cucina e per metà camera da letto, in cui viviamo in dieci, di due famiglie diverse, vecchi e bambini insieme. Mangiamo, quando va bene, un po' di polenta di formentone senza sale o altro condimento, e quando fa freddo non ci sono i soldi nemmeno per la legna da ardere.
Per fortuna che c'è Massarenti, per fortuna che ci sono le leghe. Le Organizzazioni Operaie sostengono degli asili per l'infanzia dove lasciare i bambini mentre i genitori lavorano, e avevano allestito anche degli scaldatoi pubblici; aiutavano a superare l'inverno, e mentre stavi lì venivano i maestri socialisti che ti insegnavano a leggere. Il Comune aveva fatto anche costruire delle case popolari, per togliere la gente da quelle baracche, ma non bastavano per tutti. Poi c'era la refezione scolastica: i bambini ricevevano un panino tutti i giorni dal comune, e il pane a casa loro si vedeva solo a Natale e per Pasqua. Solo non capiva come mai lo dessero anche ai figli dei ricchi, che loro non ne avevano mica bisogno, però Massarenti diceva che non si dovevano creare differenze di classe tra i bambini, ma educarli alla solidarietà, quindi andava bene così. Certo, era dura seguirlo sempre. Tutti quei boicottaggi contro gli agrari, tutti quei giorni di lavoro persi. Il sussidio di disoccupazione non bastava a compensare i salari perduti, e poi c'erano quei maledetti krumiri che si vendevano per una lira al giorno, gli facevano una rabbia! Servi dei padroni, un giorno o l'altro sarebbe finita male. Le Leghe avevano ottenuto delle vittorie, sì, ma c'era ancora tanto da fare per raggiungere l'obiettivo. Otto ore per lavorare, otto ore per riposare, otto ore per istruirsi. E magari anche un salario dignitoso. Ci sarebbero riusciti? Quanto tempo sarebbe servito? Massarenti predicava una trasformazione dal basso, non per atto inconsulto, improvviso e violento, ma con un'azione lenta, quotidiana e incessante, con l'elevazione morale, intellettuale e materiale delle masse, con l'esperienza e l'assimilazione dei sentimenti di solidarietà e fratellanza. Diceva che non si potevano lanciare allo sbaraglio eserciti improvvisati di lavoratori ancora analfabeti, affamati, culturalmente impreparati, verso la conquista del paese, col risultato di favorire la reazione e la repressione di chi altro non aspetta per distruggere l'opera socialista creata in tanti anni di sofferenze e sacrifici.
Aveva ragione, sì, ma suo figlio nasceva adesso, e lui non avrebbe dovuto fare sacrifici, suo figlio aveva bisogno che le cose cambiassero subito.

e la libertà non viene / perché non c’è l’unione
crumiri col padrone / son tutti da ammazzar.

Correva e malediceva il mondo, Bepi di Molinella, finchè arrivò alla baracca dove avevano fatto partorire sua moglie.
Ha fatto in fretta, è andato tutto bene.” Gli disse la levatrice.
Sua moglie, quello sguardo dolce di mamma, lo chiamò a sé: “Vieni a vederlo, non l'abbiamo ancora pulito bene, è un po' insanguinato, ma è tanto bello e urla forte. Nessuno potrà fare a meno di sentire la sua voce.”